giovedì 7 gennaio 2016

Della serie "Ma chi me lo fa fare?" - Perchè è necessario il cambiamento

Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita, di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza
porterà al raggiungimento
di una splendida felicità.

Martha Medeiros

È proprio necessario il cambiamento?

Abbiamo detto che appartiene a tutti, presto o tardi nella vita, l’esperienza di un periodo di crisi. Uno stato malessere, anche difficile da definire, che può prendere varie forme e originare sia da qualcosa di esterno a noi, che ci capita tra capo e collo (la fine di una relazione, la perdita del lavoro, un lutto e così via), che da qualcosa di interno (pensieri e ragionamenti sulla vita che conduciamo, insicurezze, ansie, ecc…). Non si tratta di nulla di patologico, anche se porta con sé sofferenza e malessere, ma si tratta di fisiologici avvenimenti dell’esistenza: prendono il nome di crisi esistenziali, appunto.

Ad ogni azione, una reazione uguale e contraria - Il fatto è che è molto molto difficile che, qualora si tratti di crisi di lunga durata e di grande portata, si risolva da sé, senza fare nulla, come si può spontaneamente risolvere un periodo di crisi adolescenziale che si vive proprio in funzione dell’età e che, quindi, crescendo, passerà (anche se non sempre è ovvio nemmeno questo).Qualcosa deve accadere, qualcosa si deve fare. Molto semplicemente, non si può pensare di ottenere una nuova vita continuando a fare le stesse cose. E allora, o ci viene miracolosamente in aiuto la vita stessa, inviandoci appunto un miracolo, o bisogna agire di propria iniziativa. Così come, volendo cambiare lo stile di vita virando verso un comportamento più salutare, è impensabile riuscire ad ottenere un fisico più sano e prestante senza introdurre cambiamenti nell’alimentazione, nel consumo di alcool e tabacco e nell’attività fisica, allo stesso modo è impensabile riuscire ad ottenere una vita serena, soddisfacente e più aderente ai nostri valori profondi se per esempio non si mettono in atto scelte a volte anche difficili o se non si modifica il proprio atteggiamento verso gli avvenimenti. Sarebbe come aspettarsi di vedere ritornare indietro la pallina lanciata contro un muro, in maniera diversa dalle volte precedenti, anche se la lanciamo sempre imprimendo la stessa forza, dalla stessa distanza e dandole la stessa inclinazione.


La legittimazione a non intervenire - Intendiamoci, dipende cosa si vuole ottenere: è chiaro che non è obbligatorio voler ottenere qualcosa di diverso o di nuovo, è più che legittimo scegliere di tenere tutto com’è, l’importante è che si sia consapevoli di alcuni aspetti della situazione:

1. il malessere legato alla crisi non passerà, anzi, probabilmente aumenterà, evolverà in qualcosa di peggio oppure ne verremo assuefatti e ci inventeremo sempre più modi per zittirlo, benché lui continui a lavorare in profondità.
2. ci stiamo deliberatamente privando della possibilità di vivere una vita “migliore” nel senso di più aderente a noi stessi e ai nostri valori, una vita di cui essere più felici e soddisfatti, e del gusto di percepire il senso profondo di un’esistenza che per sua natura ci chiede di evolvere.
3. stiamo scegliendo di andare contro ad una legge naturale della vita, la quale, in tutte le sue forme, non contempla l’immobilità.

Il cambiamento consapevole - Se, invece, dal pantano della crisi vogliamo uscire e vogliamo ridare un Senso alla nostra quotidianità, l’unica azione fattibile e sensata è intraprendere un percorso di cambiamento consapevole. Perché consapevole? Perché se avvenisse da sé, senza che ce ne rendessimo conto, senza soffermarci a comprendere cosa è avvenuto dentro di noi e senza aver partecipato attivamente alla creazione del cambiamento stesso, rischieremmo di non imparare nulla e quindi di non riuscire a riutilizzare gli stessi strumenti acquisiti in un’altra occasione, e ci sembrerebbe qualcosa di regalato dall’alto come per magia, o di capitato per fortuna, e di nuovo avremmo la sensazione di essere in balìa di qualcosa che non possiamo controllare, mentre invece la responsabilità della riuscita è nostra.
Ecco quindi che il cambiamento si rende necessario se non vogliamo stare ad aspettare il colpo di bacchetta magica che sistemerà tutto quello che non va ma che, verosimilmente, non arriverà mai. Se non nei cartoni animati della Disney.

“Mpfh…io me la sono cavata da solo!” - Non credete a chi vi confida che ha vissuto un periodo di crisi ma che ora sta bene, ora è tornato a fare la vita di prima e tutto è passato così come è venuto. Le possibilità sono due: se la sta raccontando, non ha risolto nulla e ha solo trovato un modo (temporaneo) per zittire il problema, oppure qualcosa è davvero cambiato, ma allora è anche accaduto qualcosa, solo che la persona non ne è consapevole. In questo secondo caso, in un certo senso le è andata bene, evidentemente il sistema psicofisico di questa persona è riuscito da sé a riorganizzarsi in una maniera nuova e funzionale e/o qualcosa di esterno è intervenuto a modificare in maniera positiva delle circostanze, ma a mancare è tutto l’aspetto fondamentale di assimilazione cosciente che fa davvero la differenza tra una semplice riorganizzazione interna e un’evoluzione consapevole dell’individuo.



Medeiros M., Lentamente Muore, trad. italiana reperibile in rete dell’originale A Morte Devagar, pubblicato su Zero Hora del 1/11/2000

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